Chiese a porte aperte Share Tweet il mio itinerario ?
Cappella di San Sebastiano
Diocesi di Cuneo ( sec. XV )
Strada Provinciale 23, Monterosso Grana (Cuneo)
La cappella di San Sebastiano di Monterosso Grana sorge a bordo strada, nei pressi del cimitero, all’ingresso del paese. E’ costituita da un vano quadrangolare a cui è stato anteposto un secondo corpo in epoca posteriore. E’ caratterizzata da un arcone aperto su un lato, dal quale si possono ammirare gli affreschi interni. E’ decorata da affreschi attribuiti alla bottega di Pietro Pocapaglia da Saluzzo, databili al 1468 grazie all’iscrizione che compare alla base dell’arcone laterale: “Anno domini MCCCCLXVIII die XV madi hoc hopus complet(…) fuit ad laudem etern(…) dei et Sancti Sebatiani”. Nei quattro spicchi della volta a crociera sono rappresentati gli Evangelisti, seduti su cuscini adagiati su un prato fiorito secondo il gusto del Gotico Internazionale; ciascuno reca un cartiglio con il proprio nome e le prime parole del vangelo. Sulla parete di fondo è dipinto un maestoso trono riccamente traforato su cui siedono la Madonna e Gesù Bambino, ai lati San Sebastiano, un santo vescovo (forse Nicola) e un santo martire tebeo, da identificarsi verosimilmente con San Magno, venerato nell’omonimo e conosciuta santuario presente in valle. Sulla parete destra, raccolte in uno spazio narrativo unitario, sono riassunte le storie del martirio di San Sebastiano: a sinistra il santo è legato alla colonna, trafitto dalle frecce e percosso dai persecutori alla presenza dell’Imperatore; a destra è appena stato decapitato e in alto due angioletti portano in cielo la sua anima. Nei sottarchi sono dipinte eleganti figure di sante, con vesti damascate e acconciature alla moda: Santa Barbara, Santa Chiara e Santa Cristina.
Come ricorda l’iscrizione e testimoniano i soggetti degli affreschi, la cappella è dedicata a San Sebastiano, principale protettore dalle pestilenze in epoca medievale: forse nato a Milano da madre milanese e padre Narbonese, Sebastiano si trasferisce a Roma nel 270 per intraprendere la carriera militare fino a diventare comandante della prima coorte pretoria sotto Diocleziano e Massimiano. Grazie la sua posizione, poté confortare e aiutare i cristiani incarcerati e curare la sepoltura dei martiri; fu proprio questa la causa che lo fece condannare da Diocleziano ad essere legato ad un palo e trafitto da frecce. Creduto morto, fu lasciato in pasto agli animali. La nobile Irene, venuta a recuperare il corpo per dargli degna sepoltura, si accorse che era ancora vivo: lo portò nella sua casa e lo curò. Guarito, Sebastiano proseguì nel proclamare la sua fede e lo fece innanzi agli imperatori che questa volta lo condannarono alla flagellazione fino la morte (304 ca.); il corpo fu gettato nella Cloaca Massima così che i cristiani non potessero recuperarlo. Nel 680 d.C. una terribile pestilenza colpì Roma e Pavia, ma ebbe fine su consiglio di un angelo che chiese la costruzione di una cappella in onore di San Sebastiano nella Chiesa di San Pietro in Vincoli nelle due città. Il martire venne così eletto taumaturgo contro le epidemie. Secondo alcuni studiosi del passato, le grandi aperture di questa tipologia di cappelle campestri aveva proprio lo scopo di permettere ai fedeli di partecipare alle celebrazioni anche dall’esterno delle strutture, evitando così l’ammassamento in piccoli spazi, quanto mai pericoloso in periodi di contagio.
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