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Sacro Monte di Varallo
Diocesi di Novara ( sec. XVI; XVII )
Località Sacro Monte, Piazza Giovanni Paolo II 13019, Varallo, VC
Il grandioso complesso monumentale del Sacro Monte di Varallo è situato in Valsesia in provincia di Vercelli e fu fondato su un terrazzamento naturale del Monte Tre Croci per volontà del frate minore osservante Bernardino Caimi di origini milanesi che, di ritorno dalla Palestina nel 1491, volle far riprodurre i luoghi sacri della vita di Cristo (Nazaret, Betlemme, il Calvario), dedicando a ognuno di essi una cappella. Dopo le prime costruzioni e la morte del fondatore avvenuta nel 1499, i lavori vennero ripresi solo nel 1517 e fino al 1529 ebbero Gaudenzio Ferrari come protagonista che, con una sapiente compenetrazione di pittura e scultura, realizzò un complesso caratterizzato da un forte realismo. A Varallo furono poi impegnati altri importanti architetti, pittori e scultori, quali ad esempio Bernardino Lanino, Giulio Cesare Luini, Tanzio da Varallo, e dalla seconda metà del Cinquecento il complesso detto “La Nuova Gerusalemme” si trasformò secondo le esigenze della Controriforma, sotto il controllo di San Carlo (1538-1584) e del vescovo di Carlo Novara Bascapè (1593-1615), in un magnifico spettacolo unitario destinato al coinvolgimento e all’immedesimazione dei pellegrini. Architettura, pittura, plastica e urbanistica si fondono in un’opera eccezionale che fà da modello agli altri Sacri Monti del Piemonte e della Lombardia. Centrali dunque in questa opera di rinnovamento sono le accorte regie di San Carlo e di Carlo Bascapè, vescovo di Novara, stretto collaboratore del Borromeo a Milano e da lui stesso indicato come referente per l'iconografia sacra. Bascapè, divenuto vescovo della diocesi di Novara, si interessò ai Sacri Monti di Orta ove finanziò personalmente una cappella e di Varallo. Rivendicò il diritto, in quanto capo della diocesi, secondo le indicazioni del Concilio di Trento, di indicare i contenuti delle scene da raffigurare e impose la necessità della formale autorizzazione del vescovo prima di realizzare qualunque costruzione o apparato decorativo. Il criterio a cui si doveva improntare la narrazione era la verosimiglianza rispetto alle sacre scritture.
Bascapè rivoluzionò il Sacro Monte di Varallo per ricomporlo all'interno di un piano narrativo dipanato sulla scansione cronologica della vita di Cristo. Fece spostare alcuni "misteri', ne fece realizzare numerosi altri, riorganizzò l'intero complesso in chiave didattica, come un grande catechismo finalizzato ad insegnare ai fedeli la storia sacra e, grazie alla potenza comunicativa dei gruppi plastici a grandezza naturale e molto realistici, muoverli "a pietà e commozione".
Carlo Borromeo invece venne al Sacro Monte di Varallo in più occasioni e intendeva occuparsi personalmente anche della sua organizzazione, ma morì prima di farlo. Era solito pregare davanti a Cristo morto nella cappella del Sepolcro e davanti alla cappella dell'Orazione nell'orto.
Le pareti affrescate delle 44 cappelle fanno da quinta architettonica ai gruppi statuari policromi in legno e terracotta. Si annovera la presenza di oltre 600 statue e di 400 pitture ad affresco. Il percorso si concluse di fronte alla Basilica dell’Assunta riconducibile al 1641-1728, mentre la facciata è frutto di interventi ottocenteschi.
SAN CARLO BORROMEO AL SACRO MONTE DI VARALLO
Secondo le fonti storiche San Carlo Borromeo si recò più volte in visita al Sacro Monte, inizialmente soprattutto per assolvere ad incarichi affidatigli di porre fine alle divergenze tra i francescani di stanza presso il convento e la comunità laicale varallese nella gestione del Sacro Monte, delle elemosine e delle scelte narrative che improntavano il cantiere. I soggiorni di San Carlo a Varallo furono segnati dalla preghiera, dalla meditazione sulla Sindone e dalla penitenza sui misteri della Passione. In particolare si ricorda la sua venuta di ritorno da Torino verso Milano nel 1578 assolvendo al voto di venerare la Sacra Sindone, espresso per la fine della pestilenza milanese. A Varallo il Borromeo era solito pregare davanti al Cristo morto nella cappella del Sepolcro e davanti alla cappella dell'Orazione nell'orto. Proprio in suo ricordo Carlo Bascapè lo volle raffigurato ad affresco nella rinnovata cappella dell'Orazione nell'orto. L'immagine pittorica in una successiva trasformazione della cappella fu sostituita da una statua di Bernero posta in una piccola cappellina accanto alla scena evangelica. Così il fedele contemplava una doppia scena: l'orazione nell'orto e san Carlo che prega davanti all'Orazione nell'orto. In tal modo quello di san Carlo diventò un culto aggiunto al culto originario; il santo fu partecipe della devozione al Sacro Monte e adorato a sua volta dai fedeli. La cappella di San Carlo invece riproduce la stanza in cui Santo fu ospitato quando venne al Sacro Monte nel 1584 con la sua figura in preghiera e il letto in cui riposò. Poiché il sepolcro era il luogo del Sacro Monte più caro al Borromeo, nel 1722 si riprodusse in una cappella del Sacro Monte, corredata da una statua di Giuseppe Arrigoni, la stanza ove aveva dormito san Carlo nel convento del Sacro Monte.
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