Chiese a porte aperte Share Tweet il mio itinerario ?
Chiesa di San Fiorenzo
Diocesi di Mondovì ( sec. XIII )
Strada provinciale 126, 12060, Bastia Mondovì, Cuneo
Si trova presso il cimitero ma fu edificata verso la metà del XIII secolo (1220/1230), con funzione di cappella per viandanti e pellegrini, su una piccola edicola che, secondo la tradizione, custodiva la tomba di San Fiorenzo. E’ stata in seguito ampliata ed affrescata con un nuovo ciclo pittorico coprendo, nel nucleo primitivo, antiche pitture bizantine ancora parzialmente visibili. Le attuali sacre rappresentazioni, a cui lavorarono certamente più artisti, sono datate 24 giugno 1472 ed occupano una superficie di ben 326 metri quadrati. Si è immersi in una vera e propria “Biblia Pauperum”.
La facciata ha un portale in pietra arenaria; nella lunetta è dipinta la Madonna con il bambino tra S. Fiorenzo e S. Giovanni Battista.
Nell’interno: nel presbiterio nella parete dietro l'altare sono raffigurati in alto, la Crocifissione sullo sfondo delle mura di Gerusalemme. Sotto, al centro una delicatissima Madonna tra S. Fiorenzo che offre fiori al Bambino e S. Martino; a sinistra S. Sebastiano, a destra, S. Michele e S. Bartolomeo.
La parete a destra era tutta destinata a S. Giorgio in lotta con il drago per salvare la principessa, alquanto danneggiato.
Nella volta il Cristo benedicente e gli Evangelisti.
Sull'arco trionfale, in alto, l'Arcangelo Gabriele e la Vergine Maria, sotto S. Domenico e S. Francesco; altri santi si distendono nel sottarco.
Nella navata, sulla parete di destra: nove quadri con la Vita e i Miracoli di S. Fiorenzo. Due riquadri di circa 50 metri quadrati ciascuno che raffigurano il Paradiso: gioioso, festoso ed armonioso con sei schiere di Santi in contemplazione dell’incoronazione della Vergine attorniata da una moltitudine di angeli musicanti, alla base le opere di misericordia che indicano il cammino da seguire per giungere alla salvezza e alla gioia eterna; l’Inferno: tetro, lugubre e spaventoso con a capo Satana che sevizia e tortura sotto i piedi avvocati e procuratori. La cavalcata dei vizi, che unisce e lega i sette peccati capitali, conduce attraverso le fauci del “Leviatano” a terribili pene.
Seguono dodici quadri con scene della Vita di S. Antonio Abate.
Sulla parete di fondo: sette scene dell’infanzia di Gesù ispirate ai Vangeli apocrifi con riferimenti a credenze popolari.
Sulla parete di sinistra ventidue iconografie della Passione di Cristo, nell’ultimo riquadro la resurrezione simbolo di vita eterna e nuova.
Le piccole cappelle che, girovagando per le Langhe, si incontrano un po’ ovunque ci trasportano con le loro storie in un mondo ingenuo, sincero e ricco di fede. Costruite anticamente per riparo e riposo dei pellegrini, sono state in seguito abbellite ed affrescate traducendo in immagini le preghiere: di ringraziamento e devozione ma anche invocazione di aiuto nei flagelli della peste e della guerra.
Arte popolare, semplice e spoglia ma densa di spirito religioso e mistico rapimento, con un gusto pronunciato per i lunghi sviluppi pittorici e le storie ad episodi multipli.
Tutto doveva parlare al cuore ed alla mente di chi guardava e i soggetti rappresentati, più che per diletto dovevano servire per istruire, confortate ed ammaestrare il popolo. Vera e propria “Biblia Pauperum” che raccoglie in se tutti gli insegnamenti ed i valori della fede ad iniziare dal Cristo, dagli Evangelisti, dalla Vergine, dai Santi.
A questi concetti che rientrano nei canoni stilistici del XV secolo dell’arte delle Alpi Marittime, si ispira l’arte gotica o tardo – gotica che troviamo nel ciclo di pitture murali della chiesa di San Fiorenzo di Bastia.
Una particolarità degna di nota, legata ad una tradizione popolare, è la realizzazione di alcune scene ispirate ai Vangeli apocrifi. La più suggestiva è la raffigurazione della Natività dove San Giuseppe è ritratto fuori dalla capanna intento a cucinare due cosce di gallina e servire alla puerpera il brodo che all’epoca era il più efficace e probabilmente l’unico “antibiotico” naturale disponibile.
Con lo stesso intento e fortemente legate alla cultura del territorio, le due scene tratte dalla “Fuga in Egitto”.
“Il miracolo del grano” ritrae la Sacra Famiglia, che in viaggio verso la salvezza, incontra un contadino intento a spargere il grano che, al passaggio di Gesù, miracolosamente matura. I soldati all’inseguimento della Famiglia, chiedono informazioni al contadino ricevendo in risposta che questa era passata al momento della semina.
“Il miracolo della palma” molto delicato e ricco di simbolismi ci mostra la palma che si prostra fino a terra per servire i datteri alla Madonna affamata. La credenza popolare narra che, in ricordo dello stupore della Madonna che ha esclamato oh!!!, la lettera “o”, è impressa sull’osso del dattero.
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