Chiese a porte aperte Share Tweet il mio itinerario ?
Cattedrale di Santo Stefano
Diocesi di Biella ( sec. III; XVIII; XIX )
Piazza Duomo, Biella, Italia
Il 20 marzo 1402 iniziò la ricostruzione della chiesa sul sedime di quella medievale, ad opera di mastro Giovanni Borri. La chiesa è l'attuale cattedrale sorta intorno al Mille e ricostruita dal 1402 in avanti.
La chiesa medievale, probabilmente costruita prima della fondazione del Comune, sorgeva sull'area attuale ma era di dimensioni più modeste. Di quest'ultima sono rimasti alcuni capitelli in pietra, usati nella ricostruzione del 1402 per ornare le semicolonne del coro e delle ultime arcate delle navate laterali.
La ricostruzione termina dopo il 1404. Tuttavia si lavora per oltre un secolo per ultimare le opere di finitura e abbellimento.
La più antica e fondamentale testimonianza della ricostruzione della chiesa è rappresentata da una lapide in pietra verde, ora murata accanto alla porta sinistra della facciata, che ricorda il giorno d'inizio dei lavori condotti da mastro Giovanni Borri. La chiesa è poi ampliata nei secoli XVIII e XIX poiché è volontà regia che sia più confacente al nuovo ruolo di cattedrale, in seguito all'erezione di Biella a Diocesi.
Di tutte le antiche cappelle, conclusi gli ampliamenti per l'elevazione della chiesa a cattedrale, non resta più traccia. L'incarico di sovraintendere ai lavori di ampliamento e ristrutturazione voluti dal sovrano Carlo Emanuele III è affidato all'architetto e ingegnere idraulico Ignazio Giulio di Torino. Il 10 aprile 1772. In una dettagliata relazione, l'architetto Giulio offre sia una descrizione dell'antica chiesa, con particolari fino a quel momento sconosciuti, sia una attenta descrizione degli interventi di progetto.
Fra le proposte di progetto sono state realizzate: l'apertura delle finestre ovali lungo la chiesa; la sistemazione dei fondi di entrambe le navate; la grande sacrestia; l'aula capitolare; l'ampliamento dei transetti nelle due cappelle dell'Epifania e del SS. Sacramento.
Il 16 giugno 1804 Monsignor Canaveri, durante la dominazione napoleonica, ha consacrato la chiesa. Le vicende che portano alla caduta del regno del Piemonte ed al regime napoleonico contribuiscono ad arrestare il fervore negli ampliamenti ed abbellimenti del Duomo.
Intorno al 1817, dopo la scomparsa dell'architetto Ignazio Giulio, l'architetto Nicola Martiniano Tarino diventa il sovrintendente alla fabbrica del Duomo.
Un lavoro che impegna più di tutti è l'allungamento delle tre navate della chiesa, insieme alla costruzione di una nuova facciata e dell'ampio porticato. Incaricato di stendere il progetto è l'architetto biellese Felice Marandono.
Il Marandono propone una architettura eclettica attraverso l'utilizzo del linguaggio neogotico arricchito con elementi neoclassici e di gusto egiziano.
La fase conclusiva di sovrascrittura nella fabbrica del Duomo ha inizio nel 1926 con i restauri della cattedrale e del campanile. Gli interventi sette e ottocenteschi di ampliamento e i successivi restauri nel Novecento hanno contribuito a conferire al Duomo biellese la sua identità complessa e stratificata.
Dedicata al patrono di Biella S. Stefano, la chiesa fu costruita come vera e propria espressione della comunità a partire dal 1402 in seguito a un voto fatto dalla popolazione alla Madonna di Oropa per la scampata pestilenza del 1399.
Dalla sua origine votiva derivava l’antico nome di Santa Maria in Piano, che la distingueva dalla chiesa di Oropa un tempo detta Santa Maria in Montibus.
Sorta accanto all'antica chiesa capitolare di S. Stefano, demolita nel 1872, divenne Cattedrale nel 1772 in seguito alla trasformazione di Biella a sede vescovile e subì da questa data numerosi ampliamenti, fra i quali l’allargamento del lato nord e l’aggiunta del portico e della facciata neogotica, realizzata intorno al 1826 da Felice Marandono.
L’interno a croce latina è suddiviso in tre navate, scandite da pilastri cruciformi, e risente dei rifacimenti sette e ottocenteschi, pur mantenendo numerose testimonianze delle epoche più antiche. La decorazione in stile neogotico a monocromo, di forte ispirazione giansenistica, appartiene a due momenti successivi: il primo intervento comprende i dipinti del coro (1784) e quelli che ricoprono la parte destra del presbiterio (1795), compiuti da Giovannino Galliari e Pietro Fea; fra il 1811 e il 1826 furono invece realizzate le altri parti nella cui esecuzione si avvicendarono diversi artisti, fra i quali Fabrizio Sevesi, Francesco Gonin e Luigi Vacca.
Al centro dell’abside la grande Assunzione della Vergine del pittore Carlo Cogrossi (1784).
A sinistra della porta che esce sul lato nord, nella piccola sala detta impropriamente «delle Corporazioni», si entra in un ambiente che coincide con l’antico ingresso laterale della chiesa; accanto alla porta sormontata da un affresco quattrocentesco della Madonna in trono con il Bambino si nota uno dei rari esempi della raffigurazione del Cristo della Domenica (1470 circa), esempio di un’iconografia di tradizione popolare e quasi del tutto scomparsa in Italia perché proibita dal Concilio di Trento. Cristo vi appare trafitto e ferito da numerosi attrezzi da lavoro: posto all'esterno dell’edificio, il Cristo della Domenica era per i fedeli un monito a santificare le feste, abbandonando per un giorno alla settimana le occupazioni abituali.
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